Mercato Azionario
Le Dividend Aristocrats: incrementare i dividendi per oltre 25 anni
12 dicembre 2022
Moltissime società quotate in Borsa pagano i loro azionisti attraverso l’erogazione dei dividendi.
Si tratta di una porzione dell’utile che viene pagata a chi possiede le azioni di una società, in proporzione al numero di azioni detenute in portafoglio. Per pagare dividendi le società devono produrre un profitto, e tale profitto viene poi appunto dato agli azionisti sotto forma di dividendi periodici. Tuttavia, l’ammontare di dividendi che erogherà una società in futuro è una variabile molto difficile da prevedere per la maggior parte delle società.
Perché i dividendi sono importanti?
Quando si investe in azioni, l’obiettivo è naturalmente quello di ottenere un guadagno. Tale guadagno può essere generato in due modi: attraverso la vendita delle proprie azioni ad un prezzo maggiore di quello di acquisto, oppure con i dividendi, che sono estremamente utili nel caso si voglia detenere un’azione nel lungo periodo. Dal 1926, i dividendi hanno generato circa un terzo del rendimento totale dell’indice S&P 500 e hanno avuto una crescita più costante rispetto agli utili e ai prezzi.
Molti investitori, erroneamente, credono che un’azienda che dà dividendi lo faccia perché non ha altre possibilità di investire in se stessa per crescere, e che quindi si tratterebbe di una società destinata a “fallire” nel medio termine. Tuttavia, ciò non è corretto, o quantomeno non è completo: i dividendi sono un indicatore molto valido non soltanto per capire quanto la società possa reinvestire all’interno, e quindi la sua crescita futura, ma soprattutto per conoscere il ciclo di vita e il modello di business di una società. Ad esempio, società che non devono spendere tanto per crescere possono permettersi di rilasciare dividendi cospicui, continuando ad aumentare la crescita degli utili e del fatturato, spesso più di società che non rilasciano dividendi.
Dal punto di vista di un investitore, ricevere dividendi è un modo per avere una rendita costante generata dal proprio portafoglio. Tali dividendi possono essere incassati o reinvestiti, per generare rendimenti maggiori nel lungo termine attraverso l’interesse composto. L’esigenza di incassare o reinvestire i dividendi deriva dalle diverse caratteristiche degli investitori in termini di patrimonio, età e propensione al rischio. I dividendi, naturalmente, sono pagati anche dalle società non quotate e rappresentano la remunerazione dei proprietari delle società. Ad esempio, l’italiana Ferrero ha pagato miliardi di euro in dividendi all’omonima famiglia proprietaria.
Nell’ambito dei mercati finanziari esiste una speciale categoria di azioni di società che incrementano loro dividendi, anno dopo anno, da oltre 25 anni: le “Dividend Aristocrats”.
Le Dividend Aristocrats sono un insieme di società di vari settori che fanno parte dell’S&P 500 che sono accomunate dal fatto di avere business stabili che hanno permesso loro di distribuire dividendi in crescita per un lasso di tempo così lungo. Attualmente, l’indice S&P 500 Dividend Aristocrats, mantenuto da S&P Global, è composto da 64 società con market cap molto variegata (da $7 miliardi a oltre $400 miliardi), soprattutto appartenenti al settore consumer staples (22%), industrials (19%), materials (13%), financials (11%), e healthcare (10%). Abbiamo parlato di questo interessante gruppo di società anche nel libro “Il Mercato Azionario”, disponibile cliccando qui.
Quali società fanno parte delle Dividend Aristocrats?
L’insieme include aziende blue chip come The Coca-Cola Company, Walmart, PepsiCo, Amcor o Johnson & Johnson ma anche società relativamente meno conosciute come West Pharmaceuticals Services (WST) o Cincinnati Financial (CINF). L’indice viene aggiornato aggiungendo le società che arrivano a 25 anni di incremento di dividendi e che fanno parte dell’indice S&P 500 e rimuovendo quelle che smettono di erogare dividendi in crescita.
Nel 2022, la società di telecomunicazioni AT&T, con market cap attuale di oltre $135, miliardi è stata rimossa, mentre sono state aggiunte Church & Dwight (prodotti per la casa) e Brown & Brown (società di brokeraggio assicurativo).
Negli ultimi 10 anni, l’indice ha generato un rendimento annualizzato del 13,36%, praticamente identico al 13,34% dell’S&P 500 comprensivo dei dividendi. L’S&P 500 Dividend Aristocrats ha mostrato la sua resilienza a partire da fine 2021, quando è iniziato il mercato ribassista: nel 2022 l’S&P 500 ha perso circa il 18%, mentre l’indice Dividend Aristocrats cede soltanto il 6%. Osservando il 2021 e il 2020, si nota invece una sovraperformance dell’S&P 500, grazie soprattutto alla presenza delle big tech (Apple, Microsoft, Amazon…) che non fanno parte delle Aristocrats.
Tra le Dividend Aristocrats, alcune società hanno addirittura incrementato i loro dividendi ogni anno da oltre 50 anni, andando a formare il sottoinsieme chiamato “Dividend Kings”. Nel grafico possiamo osservare una simulazione del rendimento negli ultimi 10 anni di un portafoglio composto da alcune di loro: Dover (67 anni di incremento dei dividendi consecutivi), Genuine Parts (66 anni), P&G (60 anni), Emerson Electric (66 anni), Sysco (53 anni), 3M (64 anni), J&J (60 anni) e The Coca-Cola Company (60 anni).
Come si vede nel grafico, questo portafoglio (linea blu) che include queste 8 società Dividend Kings con uguale peso ha nettamente battuto l’S&P 500 nel lungo termine, generando un rendimento dell’11,40% annualizzato, rispetto al 9,77% dell’S&P 500 dal 1994. Anche aggiustando il rendimento per il rischio, attraverso lo Sharpe Ratio, il portafoglio Dividend Kings ottiene un punteggio migliore dell’indice con 0,67 rispetto a 0,55. Un altro parametro molto importante per valutare la rischiosità di un investimento è la perdita massima: anche in questo caso tale portafoglio è andato molto meglio dell’S&P 500, con una perdita massima del 37% durante la crisi finanziaria del 2008, rispetto al 50% dell’S&P. Lo stesso è accaduto nel 2002, quando, dopo lo scoppio della bolla dot-com, l’indice ha perso più del 21%, mentre questo portafoglio simulato rappresentativo delle Dividend Kings ha ceduto meno del 3%.
Investendo in queste azioni oppure su indici che ne comprendono altre nell’insieme Dividend Aristocrats USA, un investitore europeo si trova però fortemente esposto al rischio di cambio con il dollaro statunitense. Per questo motivo, è interessante osservare anche le società Dividend Aristocrats globali, ad esempio con l’indice S&P Global Dividend Aristocrats Quality Income Index, che include azioni di 92 società che hanno incrementato ho mantenuto dividendi per almeno 10 anni consecutivi e che hanno un ROE e cash flow operativo positivo. Al contrario dell’indice che include solo società statunitensi, questo indice assegna un peso agli USA di circa la metà. Gli altri paesi inclusi sono molto variegati e quelli con peso maggiore sono Canada (10%), Giappone (10%), Svizzera (6%), e Regno Unito (4%). Indice offre anche un ulteriore diversificazione dal punto di vista settoriale, dove stendo nel settore finanziario (26%), utilities (24%), Real estate (12%), industrials (7%) e consumer staples (6%).
Chiunque considera l’inserimento dei dividendi del proprio portafoglio deve naturalmente considerare anche l’ovvia alternativa: le obbligazioni. Negli ultimi anni, le obbligazioni governative dei paesi sviluppati hanno offerto rendimenti bassi o nulli, ma nel corso del 2022 rendimenti sono aumentati molto, come quello del decennale USA nel grafico:
L’inflazione è aumentata molto, e ciò rende i rendimenti reali delle obbligazioni molto bassi, ma tuttavia dal punto di vista del valore nominale tali strumenti finanziari possono essere considerati un’alternativa molto valida alle azioni. La differenza principale è che con le obbligazioni si ha diritto a ricevere non soltanto un flusso periodico di cedole, ma anche il valore finale dell’investimento, che nel caso delle azioni non è garantito ma dipende dall’eventuale vendita ad un prezzo futuro che potrebbe anche essere molto basso (oppure molto alto). Dunque, le obbligazioni, al netto delle variazioni di prezzo causate dall’andamento dei tassi di interesse e dall’eventuale possibilità di fallimento dell’emittente, misurabile attraverso il rating delle agenzie, possono garantire una rendita stabile per il proprio portafoglio.
Il vantaggio delle azioni è invece proprio l’andamento del prezzo futuro, esso è imprevedibile ma può dare rendimenti molto elevati nel lungo periodo. Come dimostrano le Dividend Aristocrats, per la maggior parte degli investitori è bene dedicare una porzione del portafoglio strumenti che sono sia in grado di dare una rendita sia di crescere nel tempo.
Fonti:
- Fool
- Macrotrends
- S&P Gobal
- Seeking Alpha
- SSGA
- Yahoo Finance
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